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Plus - Previdenza

per guardare al futuro con più certezze

23 marzo 2021

Il sistema previdenziale italiano è considerato tra i più complessi d’Europa anche a causa delle frequenti modifiche alla normativa. Non è oggettivamente semplice per i lavoratori avere un quadro chiaro della propria posizione contributiva e del presumibile ammontare dell’assegno pensionistico. E’ bene, comunque, dedicare un po’ di attenzione a questi temi in modo da poter eventualmente adottare, per tempo, tutte le scelte più opportune per vivere la pensione con tranquillità dal punto di vista economico. Vediamo di fare il punto della situazione.


Il metodo di calcolo della pensione: sistema retributivo vs contributivo


Il 1995 è stato un anno storico per il sistema previdenziale italiano perché ha segnato l’entrata in vigore della Riforma Dini che ha modificato il metodo di calcolo della pensione, introducendo il sistema contributivo al posto del precedente sistema retributivo. Vediamo le differenze tra i due sistemi: con il sistema retributivo, la pensione si calcola con riferimento agli ultimi stipendi; non si considerano, quindi, i contributi versati durante la vita lavorativa ma diventa importante quanto si guadagna durante l’ultima parte di carriera. Con il metodo contributivo, invece, la pensione viene calcolata in base alla somma dei contributi versati, rivalutando questi importi in base all’andamento del Prodotto Interno Lordo. Il legislatore del 1995 ha previsto alcune regole per disciplinare il passaggio tra i due sistemi, che hanno, inevitabilmente, creato  tre situazioni differenti e una grande disparità tra generazioni e tra lavoratori. Infatti:

  1. coloro che lavoravano già da almeno 18 anni prima del 31/12/1995 hanno continuato a far riferimento al sistema retributivo;
  2. coloro che hanno iniziato a lavorare dal 1996 sono passati integralmente al  sistema contributivo;
  3. infine è stato previsto un sistema misto, cioè retributivo fino al 31 dicembre 1995 e poi contributivo,  per coloro che avevano meno di 18 anni di contributi prima del 31/12/1995.

Ma non è finita qui perché, dal 1 gennaio 2012, con la c.d.
riforma Fornero, anche coloro che nel 1995 avevano più di 18 anni di contributi sono passati al sistema contributivo per tutti i versamenti effettuati dal 2012 in avanti. In sintesi: dopo una lunga transizione, tutti i lavoratori riceveranno un assegno pensionistico calcolato, totalmente o parzialmente, con il metodo contributivo. Meglio o peggio rispetto al sistema retributivo? Purtroppo – avrete già capito – tendenzialmente peggio, anche se molto dipende dal tipo di carriera lavorativa (statica o in evoluzione), dalla continuità nei versamenti dei contributi, dall’età al momento del pensionamento (meno contributi si versano meno si percepirà di pensione) e dall’andamento del PIL.


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La mia pensione


Descritti in sintesi i sistemi adottati per il calcolo della nostra pensione futura, occorre capire quanto ciascuno di noi andrà ragionevolmente a percepire. Per farsi un’idea è necessario consultare l’estratto conto contributivo personale. A questo scopo, l’Inps, per i lavoratori iscritti alle proprie gestioni previdenziali,  da alcuni anni invia a milioni di lavoratori la famosa busta arancione, che contiene una serie di informazioni:

  • la data prevista di pensionamento sulla base delle regole attuali
  • l’ultima retribuzione o reddito percepiti
  • il valore stimato del primo assegno di pensione
  • il cosiddetto “tasso di sostituzione”.

Allo stesso tempo, l’Inps ha creato sul proprio sito il servizio La mia pensione che permette di simulare quale sarà presumibilmente l’importo della pensione al termine dell'attività lavorativa. Il calcolo si basa sulla normativa in vigore e su tre elementi fondamentali: età, storia lavorativa e retribuzione. In alternativa ci si può rivolgere ai servizi di patronato diffusi sul territorio o agli uffici territoriali dell’Inps o dell’ente previdenziale di appartenenza. Ricordiamoci che si tratta sempre di stime, che possono essere modificate in caso di uscita anticipata dal mondo del lavoro attraverso le varie possibilità esistenti (es. Quota 100, Opzione Donna, ecc.).

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Il parametro chiave:  il tasso di sostituzione


Il valore più significativo da esaminare nel proprio estratto conto contributivo è  il tasso di sostituzione, ovvero il rapporto in percentuale tra l'importo del primo assegno pensionistico e l'ultimo stipendio percepito, perché questo parametro consente di comprendere se e in che misura il tenore di cui si gode durante la vita attiva potrà essere mantenuto una volta fuori dal mondo del lavoro.

Facciamo un esempio; se un lavoratore guadagna a fine carriera 2.500 euro al mese e il tasso di sostituzione è il 60%, la sua pensione mensile sarà il 60% di 2.500 euro e cioè 1.500 euro.  


I tre pilastri della previdenza

Essere consapevoli di quanto si percepirà con la pensione pubblica, il primo pilastro previdenziale, ci permette di pianificare la costruzione del secondo ed eventualmente del terzo pilastro su cui si fonderà il nostro tenore di vita al termine dell’attività lavorativa. Il secondo pilastro è rappresentato dai Fondi pensione di categoria (alimentati attraverso i versamenti delle aziende e dei lavoratori) in genere previsti nei contratti collettivi dei lavoratori dipendenti. Per tutti i lavoratori, specialmente quelli autonomi, l’integrazione può essere realizzata anche attraverso il terzo pilastro, i Piani Individuali Previdenziali (PIP), strumenti previdenziali individuali che beneficiano di importanti incentivi fiscali, grazie ai quali è possibile, in modo economicamente sostenibile, garantirsi una pensione complementare e aggiuntiva rispetto alla pensione pubblica.


Quale che sia la propria situazione conviene in ogni caso non aspettare, perché prima si inizierà, maggiore sarà l’integrazione che si percepirà al momento della pensione.


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